In un’impostazione industriale, il fallimento può essere fatale per il lavoratore o per quelli che occupano l’ultimo gradino.
Se stiamo costruendo una fabbrica gigante, l’edificio non può collassare. Se stiamo trasportando 10,000 chili di minerale grezzo, dobbiamo muoverli con molta attenzione la prima volta. Se stiamo cambiando le condizioni legali su migliaia di polizze assicurative sulla vita, non possiamo permetterci un’azione legale di massa se sbagliamo qualcosa.
Ce lo siamo segnati.
Ma se ci stiamo scambiando ipotesi su una scoperta scientificamente importante, naturalmente bisogna aver torto prima di aver ragione. Se stiamo inventando un nuovo modello per fare business o stiamo scrivendo un nuovo pezzo di musica o sperimentando nuovi modi per aumentare l’efficacia di una campagna di mail, naturalmente bisogna essere desiderosi di essere nel torto.
Se il fallimento non è un’opzione, allora non lo è neanche il successo.
L’unica fonte di innovazione è l’artista desideroso di essere utilmente nel torto. Un bell’uso dell’economia delle connessioni è di mettere insieme delle cerchie di persone che si sfidano a sbagliare e sbagliare ancora, fino a che non saranno nel giusto.
Questo sta alla base della domanda sui distributori di benzina: scoprire se la persona che stai intervistando è a proprio agio nell’essere in torto, comodamente in grado di verbalizzare una teoria per poi testarla, anche subito. Invece di certezze, prove e garanzie, il nostro futuro si basa sul dubbio, logiche confuse e sul testare le cose.
Noi possiamo (e dobbiamo) insegnare queste abilità, iniziando con bambini felici di costruire torri con dei blocchi (e di guardarle cadere), per continuare con gli studenti che non penserebbero mai a comprare una semplice tesina per evitare di scrivere un saggio nelle università.