Conosco il feeling. Vedere una giovane mamma che nutre il neonato con una lattina di Sprite messa dentro un biberon. Il lettore del blog che pensa che la parola “bespoke” (su misura) sia troppo difficile (e non valga la pena invece vedere cosa significa). Quello spaventato dalla situazione finanziaria che viene raggirato tanto da perdere la casa perché non capisce la matematica…
Cosa ce ne facciamo di queste persone?
Come possiamo discutere se obbligare gli studenti a memorizzare meno fatti, quando il mondo non sa neanche chi è sepolto nella tomba di Grant, non sa la differenza tra “write” (scrivere) e “right” (giusto), e non sa tenere sotto controllo un libretto di assegni? Cosa ce ne facciamo di loro?
Per un periodo molto lungo ho pensato che più informazioni, più ore a scuola e più compiti per casa fossero l’unica soluzione. Pensavo che le scuole mancassero di rigore e non facessero un buon lavoro con gli studenti, perché non gli davano abbastanza informazioni.
Poi ho capito che tutte queste persone che fanno parte di questa sfilata hanno tutte fatto la scuola. Hanno ricevuto la miglior cosa che la loro comunità potesse permettersi, ma non ha funzionato perché il nostro tentativo era basato su una strategia sbagliata.
Le decisioni sbagliate che vediamo ogni giorno non sono il risultato della mancanza di dati, o della mancanza di accesso ai dati.
No: sono il risultato di una cultura scolastica che sta creando esattamente quello che doveva creare.
Durante il percorso, insegniamo agli studenti ad essere aperti e a fidarsi dei messaggi che gli vengono venduti. Gli studenti a scuola non solo accettano i messaggi che gli vengono venduti dalle figure autoritarie, ma stanno in un posto dove il collante è la moda, i gadget e i trend della cultura giovanile (tutti distribuiti grazie al lavoro di marketer). Stiamo mescolando l’obbedienza con la cultura del marketing, perché ci stupiamo di quello che otteniamo?
La scuola è efficace… nel fare la cosa sbagliata.