Negli ultimi vent’anni, le grandi università hanno scoperto una semplice equazione: le squadre vincenti di football e basketball potrebbero finire in televisione, il che renderebbe le università più famose, attirando così più studenti alla ricerca di una buona scuola. Ancora una volta, ecco il problema di marketing: associare il concetto di notorietà al concetto di buono.
Dal 1985, lo stipendio degli allenatori delle squadre di football universitarie (nelle università pubbliche) è aumentato del 650 per cento. Quello dei professori? Del 32 per cento.
Non c’è dubbio che durante questo periodo, la qualità del football giocato abbia raggiunto livelli altissimi. La partecipazione di pubblico alle partite è in aumento. Il coinvolgimento degli studenti nell’assistere alle gare sportive è anch’esso aumentato. Così come è aumentata la fama delle scuole che hanno investito in grossi eventi sportivi.
Quello che non è migliorato, neanche un po’, è l’educazione e la qualità della vita del corpo studentesco.
Infatti, secondo una ricerca di Glen Waddell dell’Università dell’Oregon, per ogni tre partite vinte dai Fighting Ducks (vincitori del Rose Bowl), i voti degli studenti maschi sono crollati. Non quelli dei maschi facenti parte della squadra: gli studenti maschi che pagano una fortuna per andare all’Università dell’Oregon.
Ulteriori ricerche svolte da Charles Clotfelter, un professore alla Duke, hanno scoperto che durante il March Madness, le scuole che hanno le squadre nei playoff registrano una diminuzione del 6% dei download di articoli accademici nelle loro librerie. E se la squadra vince una qualsiasi partita, si registra fino al 19% in meno il giorno successivo. E non cresce abbastanza dopo tanto da colmare questa perdita.
Riceviamo quello per cui paghiamo.
Le università non sono stupide, e finché il gioco durerà, continueranno a giocarlo. Dopo che l’Università del Nebraska è entrata nelle Big 10, le iscrizioni alla loro Facoltà di Legge sono aumentate del 20%, in un anno nel quale le iscrizioni a livello nazionale sono diminuite del 10%. Fino a quando gli studenti e i loro genitori pagheranno soldi per le università famose, e fino a quando il concetto di “famose” rimarrà legato alla TV e allo sport, dovremo aspettarci di vedere sempre più situazioni del genere.